PRIMARIE POPOLARI

Pochi imprenditori privilegiati usano il loro denaro e la loro influenza per determinare le priorità ignorando i bisogni delle persone comuni.  Noi vogliamo rimettere le persone prima del profitto, affinché la politica sia al servizio delle persone comuni.

Fare politica vuol dire fare delle scelte: grazie alle primarie popolari puoi esprimere le tue priorità per realizzare un mondo più eguale e solidale.

Fino a settembre raccoglieremo le risposte di chi vorrà partecipare, le valideremo in una assemblea pubblica aperta e poi le presenteremo alla persone che sarà candidata.

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Inizia rispondendo a un breve questionario. A settembre valideremo le priorità emerse in una assemblea pubblica aperta e poi le presenteremo alla persone che sarà candidata.

il lavoro si deve pagare manifestazione

domande frequenti

Le primarie popolari vogliono essere l’avvio di un percorso. Da una parte, Toti e i politici di destra accentrano le decisioni, parlando con pochi speculatori per promuovere i loro interessi. Noi, dall’altra, vogliamo contribuire a costruire una comunità larga di persone, di sinistra, unite intorno a priorità condivise, che si impegnano per costruire una Liguria più egualitaria e solidale. Questo percorso parte da una conversazione larga, che metta in condizione il più ampio numero di persone di condividere insieme, in modo solidale e cooperativo, le priorità che devono guidare il cambiamento. A settembre consegneremo l’ordine delle priorità, definito grazie alle primarie popolari, alla persona candidata per la sinistra alla presidenza regionale e ne discuteremo in un'assemblea pubblica. Nei mesi successivi, la lista delle priorità orienterà la nostra azione politica.

Le primarie popolari sono il primo passo di un percorso per costruire una comunità di persone che partecipano, a sinistra. La classe politica ha favorito l’allontanamento delle persone dalla partecipazione, generando stanchezza, apatia, disgusto. La partecipazione elettorale è in declino: alle elezioni regionali del 2020 si sono recate ai seggi solo metà delle persone aventi diritto di voto. Anche la partecipazione sociale, in generale: solo una persona su cinque, in Liguria, ha preso parte a riunioni o svolto attività in associazioni di vario tipo, sindacati, partiti, circoli sportivi. Eppure, non può esserci cambiamento radicale verso una società più egualitaria e solidale senza la partecipazione di tante persone, che si uniscono condividendo temi e iniziative. Il primo passo nella costruzione di questa comunità è condividere un discorso sulle priorità, da una parte per esercitare influenza e pressione sui partiti, non solo tramite il voto, e, dall’altra, per promuovere un cambiamento della cultura e delle norme.

Una comunità larga di persone, a sinistra, ha bisogno di trovarsi su priorità condivise. Non è possibile costruire una società più giusta agitando la bacchetta magica, soprattutto dopo quasi dieci anni di governo della destra. L’incapacità di definire priorità condivise porta a scrivere programmi che sono compilazioni, liste della spesa di temi, senza pensiero, incapaci di realizzare alcun cambiamento perché maturate senza cooperazione e solidarietà e troppo generiche. Tanti sono i temi urgenti e importanti, ma non è possibile agire su tutti allo stesso tempo e con la medesima efficacia. Infatti, cambiamento significa trasformare la cultura e il senso comune delle persone, significa riformare le leggi e come agiscono le strutture pubbliche e private, significa impegno delle persone e significa stanziare risorse. Il tempo, l’attenzione, le energie delle persone, la capacità di gestire problemi complessi, il denaro pubblico, sono tutte risorse finite e, per questo, non è possibile, per un movimento politico, dedicarsi a tutto nello stesso momento e con la stessa efficacia. Ecco perché una comunità politica unita si costruisce nella capacità di definire in modo consensuale, cooperativo e solidale le priorità che ci chiamano all’azione.

Il dibattito pubblico si concentra sempre sulle singole persone candidate, al punto che ci concentriamo più sulle loro caratteristiche personali e difetti di quanto, invece, su cosa vogliono fare e perché. Può bastare una singola Giorgia Meloni per conservare tutto immobile. A sinistra, invece, servono tante persone per dare una diversa direzione al mondo. Infatti, correggere le ingiustizie richiede di agire su più piani: cultura, comportamenti, norme. Soprattutto, le ingiustizie che vogliamo correggere sono così radicate da richiedere uno sforzo intenso e collettivo. Può trattarsi di rimuovere disuguaglianze sociali che si perpetuano dalla notte dei tempi, o di scardinare i rapporti sbagliati promossi da Toti in quasi dieci anni tra gli interessi di pochi speculatori e le scelte pubbliche: si tratta sempre di ingiustizie radicate e problemi complessi, che possono essere combattute, ma nessuna persona può combattere da sola. I programmi mettono l’accento su uno sforzo di cambiamento che è collettivo e appartiene a una comunità che fa politica, anziché solo su chi si candida ai ruoli apicali, coma la presidenza della regione, che dovrebbe essere espressione di un movimento largo per il cambiamento, non viceversa.

No, in un sistema politico rappresentativo, le persone che si candidato devono rappresentare il movimento politico che le esprime. I partiti dovrebbero scegliere le loro candidate e candidati perché sono quelle persone che, per impegno, esperienza personale, vocazione, storia e anche per caratteristiche personali, rappresentano meglio il cambiamento espresso nel programma condiviso. Sono un danno le candidate e i candidati che non c’entrano nulla con il programma, che non ci credono, che non sono in grado o non hanno voglia di rappresentarlo, che hanno agito in contraddizione con esso, che non ne condividono il metodo, che non vogliono lavorare in uno spirito cooperativo e solidale nel movimento, che si intendono come posti in cima a una piramide invece di essere uno dei tanti nodi che lavora per cambiare le cose. Le persone non sono irrilevanti: ai partiti della sinistra regionale abbiamo già chiesto impegni di coerenza precisi, tra cui tagliare davvero i ponti col sistema “Toti”, a partire dal non ricandidare quelle persone che vi hanno avuto rapporti diretti.

No, può partecipare chi vuole, anche se non vive in Liguria. La campagna di Genova che osa per far dimettere Toti ha avuto una dimensione nazionale, coinvolgendo tutta la nostra comunità digitale di 60.000 persone, dalla Sicilia alla Lombardia. Così, anche l’impegno per costruire un programma condiviso di sinistra in Liguria è una sfida che può avere dimensione nazionale, il primo passo per una sinistra rinnovata in Italia, capace di lottare per un paese più eguale e solidale. Inoltre, le primarie popolari riguardano la definizione condivisa delle priorità: questo ragionamento può e deve naturalmente coinvolgere chiunque voglia partecipare. Le priorità di un movimento politico possono e dovrebbero essere condivise tra comuni, province e regioni diverse. E l’impegno per sradicare il sistema di Toti dalla Liguria richiede il sostegno solidale di persone in tutto il paese.